IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa di lavoro n. 651/2005 r.g. tra Scattolon Ivana contro Ministero dell'istruzione dell'universita' e della ricerca; Visti gli atti e a scioglimento della riserva che precede; O s s e r v a Termini della controversia. La controversia riguarda il mancato riconoscimento, al personale transitato ex legge n. 124 del 3 maggio 1999 nei ruoli personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA) del Ministero della pubblica istruzione, dell'anzianita' di servizio maturata alle dipendenze degli enti locali di provenienza. La ricorrente, premesso di essere stata dipendente di ruolo di ente locale e di essere quindi transitata a decorrere dal 1° gennaio 2000 nei ruoli del Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca per effetto della mobilita' d'ufficio del personale ATA ai sensi della legge n. 124 del 3 maggio 1999, lamenta che l'amministrazione statale in seguito a tale mobilita' non le ha riconosciuto l'anzianita' maturata presso l'ente di origine: l'ha infatti inquadrata, in violazione dell'art. 8, comma 2 di tale legge, in una tabella stipendiale interiore rispetto a quella spettantele in base all'anzianita' maturata alle dipendenze degli enti locali di provenienza. Viene contestata all'amministrazione la violazione: dell'articolo 8 della legge n. 124/1999, che nel disciplinare il «Trasferimento di personale ATA degli enti locali alle dipendenze dello Stato» garantisce ai dipendenti il riconoscimento dell'anzianita' di servizio a tutti i fini, compresa l'anzianita' maturata, oltre al conseguimento della nuova posizione stipendiale; dei principi costituzionali di uguaglianza e di ragionevolezza incardinati nell'articolo 3 della Cost. violazione del principio di imparzialita' e di parita' di trattamento; dell'art. 34, d.lgs. n. 29/1993 (attuale art. 31 del decreto legislativo n. 165/2001) e dell'art. 3 della direttiva n. 77/187; del principio della parita' di trattamento di cui all'art. 49 del d.lgs. n. 29/1993 (attuale art. 45 del decreto legislativo n. 165/2001); nullita' dell'art. 3 dell'accordo del 20 luglio 2000 e del d.m. 5 aprile 2001; dell'art. 5 del d.P.C.m. n. 325 del 5 agosto 1988, del d.m. 2 marzo 1989, nonche' dell'art. 36 della Cost.; dei principi di lealta' e buona fede, nonche' erronea applicazione delle disposizioni di legge e illogicita' manifesta; degli artt. 41 e 97 della Cost., negli artt. 1175, 1375 e 1344 del c.c., nonche' del principio di tutela dell'affidamento, dell'obbligo di correttezza e del divieto di eludere norme imperative; del divieto di reformatio in peius e dell'art. 2103 del codice civile. E chiesto l'accertamento del diritto al riconoscimento dell'anzianita' maturata alle dipendenze degli enti locali di provenienza con condanna del Ministero stesso al pagamento delle differenze stipendiali dovute a partire dal 1 gennaio 2000, oltre interessi e rivalutazione. Il Ministero dell'istruzione universita' e ricerca contesta tale pretesa rilevando come ai sensi dell'art. 3 del d.m. 5 aprile 2001, che ha recepito l'accordo tra ARAN e OO.SS. del 20 luglio 2000, l'inquadramento debba avvenire in base al solo maturato economico e non anche all'anzianita' di servizio. La controversia e' identica a molte altre gia' decise sia da questo tribunale che da altri giudici di merito e sulla questione si e' gia' pronunciata, in termini sempre favorevoli ai lavoratori, anche la Corte di cassazione (pronunce nn. 3224 e 3225 del 17 febbraio 2005 , n. 3356 del 18 febbraio 2005, n. 722 del 4 marzo 2005, n. 7747 del 14 aprile 2005, n. 18652 - 18657 del 23 settembre 2005, n. 18829 del 27 settembre 2005). Quadro normativo di riferimento. La pretesa attorea e' dunque fondata sull'art. 8, comma 2 della legge 3 maggio 1999, n. 124, il cui comma 1 dispone che «il personale ATA degli istituti e scuole statali di ogni ordine e grado e' a carico dello Stato. Sono abrogate le disposizioni che prevedono la fornitura di tale personale da parte dei comuni e delle province». Il comma 2 prevede che «Il personale di ruolo di cui al comma 1, dipendente dagli enti locali in servizio nelle istituzioni scolastiche statali alla data di entrata in vigore della presente legge, e' trasferito nei ruoli del personale ATA statale ed e' inquadrato nelle qualifiche funzionali e nei profili professionali corrispondenti per lo svolgimento dei compiti propri dei predetti profili A detto personale vengono riconosciuti ai fini giuridici ed economici l'anzianita' maturata presso l'ente locale di provenienza nonche' il mantenimento della sede in fase di prima applicazione in presenza della relativa disponibilita' del posto». Il comma 4 prevede che «il trasferimento del personale di cui ai commi 2 e 3 avviene gradualmente, secondo tempi e modalita' da stabilire con decreto della Pubblica istruzione emanato di concerto con i Ministri dell'interno, del tesoro e della programmazione economica e per la funzione pubblica sentite le associazioni dei comuni, province ed enti montani». In attuazione del rinvio contenuto in tale disposizione per la disciplina di modalita' e tempi del trasferimento sono stati emanati il d.l. n. 184 del 23 luglio 1999, 1'accordo ARAN/OO.SS. del 20 luglio 2000 ed il successivo d.l. 5 aprile 2001. Il decreto interministeriale n. 184/1999 ha imposto agli enti locali di provvedere, fino al termine dell'esercizio finanziario 1999, alla retribuzione del personale ATA che passa allo Stato per effetto dell'art. 8 della legge n. 124/1999, mediante applicazione del C.C.N.L. del comparto regioni e autonomie locali, demandando a successivi decreti dei Provveditorati agli studi e del Ministero della pubblica istruzione il compito di determinare la retribuzione stipendiale in godimento al personale trasferito e la definizione dei criteri di inquadramento nell'ambito del Comparto scuola. Il comma 2 dell'art. 3 di tale decreto prevede in particolare che «con successivo decreto del Ministero della pubblica istruzione di concerto verranno definiti i criteri di inquadramento, nell'ambito del comparto scuola, finalizzati all'allineamento degli istituti retributivi del personale in questione a quelli del comparto medesimo, con riferimento alla retribuzione stipendiale, ai trattamenti accessori ed al riconoscimento al fini giuridici ed economici dell'anzianita' maturata presso gli enti previa contrattazione collettiva fra l'Aran e le organizzazioni sindacali rappresentative dei comparto scuola ed enti locali ai sensi dell'art. 34, d.lgs. n. 29/1993 e dell'art. 47, legge n. 428/1990. Gli inquadramenti individuati verranno realizzati con decreti disposti dai Provveditori agli studi». L'accordo OO.SS./ARAN del 20 luglio 2000 - recepito dal d.m. 5 aprile 2001 - stabilisce che al personale di cui all'accordo, pur «nella prosecuzione ininterrotta del relativo rapporto di lavoro», cessa di applicarsi a decorrere dal 1 gennaio 2000 il C.C.N.L. 1 aprile 1999 di regioni autonomie locali e dalla stessa data si applica il C.C.N.L. della scuola. L'art. 3, comma 1, riferendosi al personale transitato dal comparto regioni e autonomie locali al comparto scuola ex legge n. 124/1999, prevede che ai suddetti dipendenti viene attribuita la posizione stipendiale, tra quelle indicate nell'allegata tabella B), d'importo pari o immediatamente inferiore al trattamento in godimento al 31 dicembre 1999...», senza alcun riferimento all'anzianita' di servizio maturata presso l'ente locale di provenienza. Rispetto a tale originario quadro precettivo, che poneva un problema di portata e validita' dell'art. 3, comma 1 dell'accordo 20 luglio 2000 - d.m. 5 aprile 2001 rispetto all'art. 8, comma 2 della legge 3 maggio 1999, n. 124, e' sopravvenuta la recente disposizione di cui al comma 218 dell'art. 1 della legge 23 dicembre 2005 (legge finanziaria 2006 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 29 dicembre 2005). Ai sensi di tale disposizione «il comma 2 dell'articolo 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124, si interpreta nel senso che il personale degli enti locali trasferito nei ruoli del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA) statale e' inquadrato, nelle qualifiche funzionali e nel profili professionali dei corrispondenti ruoli statali, sulla base del trattamento economico complessivo in godimento all'atto del trasferimento, con l'attribuzione della posizione stipendiale di importo pari o immediatamente inferiore al trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999 costituito dallo stipendio, dalla retribuzione individuale di anzianita' nonche' da eventuali indennita', ove spettanti previste dal contratti collettivi nazionali di lavoro del compatto degli enti locali vigenti alla data dell'inquadramento. L'eventuale differenza tra l'importo della posizione stipendiale di inquadramento e il trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999, come sopra indicato, viene corrisposta ad personam e considerata utile, previa temporizzazione, ai fini del conseguimento della successiva posizione stipendiale. E' fatta salva l'esecuzione dei giudicati formatisi alla data di entrata in vigore della presente legge». Questione di costituzionalita'. Nelle note autorizzate depositate il 4 gennaio 2006 ed anche all'udienza del 13 gennaio 2006 il difensore della Scattolon ha evidenziato l'illegittimita' costituzionale della nuova norma di cui al comma 218 dell'art. 1 della legge n. 266/2005 per contrasto con gli artt. 3, 24, 97, 101, 102, 103, 104, 108 e 113 della Costituzione. La relativa richiesta di remissione alla Corte costituzionale appare fondata ricorrendo sia il requisito della rilevanza della questione per la decisione della causa che la non manifesta infondatezza della questione stessa. Quanto al primo profilo, va innanzitutto evidenziato che il citato art. 1, comma 218, disponendo che «E' fatta salva l'esecuzione dei giudicati formatisi alla data di entrata in vigore della presente legge», ha portata retroattiva, in senso peraltro coerente sia con l'autoqualifica della norma come interpretativa che con il fatto che la nuova disciplina interviene su una vicenda (trasferimento personale ATA) gia' completamente esaurita. La nuova norma va, quindi, applicata anche nei giudizi - come quello in oggetto - gia' pendenti alla data di entrata in vigore della legge n. 266, incontrando, quale unico limite, la formazione del giudicato. Ai sensi della nuova disposizione il contestato inquadramento della Scattolon in base al solo maturato economico e non anche all'anzianita' di servizio sarebbe corretto (la norma dispone, infatti, in termini identici al summenzionato art. 3 del d.m. 5 aprile 2001), laddove, se la norma stessa fosse, invece, dichiarata illegittima, la pretesa della ricorrente andrebbe integralmente accolta sulla base del tenore dell'art. 8, comma 2, legge n. 124/1999 come gia' applicato sia dai giudici di merito che dalla Cassazione nei numerosi precedenti intervenuti in materia. La prospettata questione di legittimita' risulta, dunque, certamente rilevante ai fini della decisione della causa. Quanto al secondo profilo - della non manifesta infondatezza - va evidenziato che la norma in questione non risulta avere natura sostanzialmente interpretativa, bensi' innovativa, ed interviene in ogni caso su una questione che costituiva, per effetto di numerose, omogenee, pronunce della suprema Corte, un dato ormai indiscusso. In realta' il legislatore, sotto le mentite spoglie della norma interpretativa, ha introdotto un nuovo regolamento della fattispecie diverso da quello previsto dal chiaro tenore dell'art. 8, comma 2, legge n. 124/1999. A ben vedere un problema in se' di interpretazione di tale disposizione (art. 8, comma 2) non si era nemmeno posto: nelle numerose controversie sorte, in tutto il territorio nazionale, sulla questione, il problema era quello della portata e validita', rispetto a tale disposizione, dell'art. 3, comma 1 dell'accordo 20 luglio 2000 - d.m. 5 aprile 2001, non di possibili opzioni interpretative poste dalla norma. La Cassazione costantemente, con le gia' citate pronunce nn. 3224 e 3225 del 17 febbraio 2005, n. 3356 del 18 febbraio 2005, n. 722 del 4 marzo 2005, n. 7747 del 14 aprile 2005, n. 18652-18657 del 23 settembre 2005, n. 18829 del 27 settembre 2005, ha chiarito, da un lato, che ai sensi dell'art. 8, comma 2, legge n. 124/1999 il trasferimento coattivo nel diverso comparto implica necessariamente il diritto del personale trasferito all'integrale computo dell'anzianita' di servizio, dall'altro che il decreto ministeriale invocato dall'amministrazione e' inidoneo ad innovare l'ordinamento e a derogare a tale disposizione di legge. Esiste, quindi, un evidente contrasto tra l'interpretazione autentica di cui al comma 218, art. 1, legge 266 e l'uniforme interpretazione fornita dalla Cassazione, anche ex art. 64 del d.lgs. n. 165/2001, e cio' costituisce il presupposto dei dubbi di costituzionalita' della nuova disposizione per violazione dei principi di ragionevolezza della scelta legislativa e dell'esigenza di coerenza e certezza del diritto. E pacifico, infatti, innanzitutto, che l'autodefinizione legislativa della norma come norma interpretativa non vincola l'interprete. E', d'altro canto, noto che il presupposto per il ricorso alle leggi interpretative e' costituito dall'esistenza di gravi ed insuperabili anfibologie (Corte cost. n. 187/1981), obiettivi dubbi ermeneutici (Corte cost. n. 299/1999) o incertezze interpretative anche se solo potenziali (Corte cost. n. 133/1997); e', infine, possibile quando, pur non sussistendo situazioni di incertezza nell'applicazione del diritto o contrasti giurisprudenziali, pur registrandosi quindi un orientamento omogeneo della Corte di cassazione, siano tuttavia rinvenibili nel testo normativo originario possibili opzioni interpretative (Corte cost. n. 525/2000). Nessuno di tali presupposti ricorre nel caso di specie. Non c'erano rilevanti contrasti giurisprudenziali posto che la giurisprudenza di legittimita' era, come detto, assolutamente uniforme e costante. Non c'erano nemmeno effettivi dubbi interpretativi nel disposto dell'art. 8, comma 2, legge n. 124/1999: il testo della norma e' assolutamente chiaro e lineare. Ne e' riprova il fatto che la norma (sedicente) di interpretazione autentica non contiene affatto una delle possibili varianti di senso del testo originario, bensi' riproduce esattamente quella normativa secondaria che la suprema Corte aveva ritenuto in aperto contrasto con la disposizione di cui all'art. 8, comma 2, legge n. 124/1999. Il risultato non e', infatti, quello di una saldatura tra norma preesistente (precettiva) e norma successiva (interpretativa) tale da dare luogo ad un precetto normativo unitario, bensi' quello di un'integrale sostituzione alla vecchia disciplina, che imponeva il riconoscimento dell'anzianita', di quella nuova, che da' invece rilievo (come, appunto, l'accordo 20 luglio 2000 - d.m. 5 aprile 2001) al trattamento economico complessivo. Cio' posto, ed escluso quindi il carattere sostanzialmente interpretativo del comma 218, art. 1, legge n. 266, appaiono nel contempo fondati i dubbi sulla legittimita' costituzionale della norma quale disposizione innovativa a carattere retroattivo. Come noto, il legislatore puo' emanare norme (non penali) con efficacia retroattiva a prescindere dal carattere interpretativo delle stesse purche' la retroattivita' trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza (Corte cost. n. 6/1994, n. 283/1993, n. 424/1993, n. 440/1992, n. 429/1991) e non si ponga in contrasto con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti, quali la tutela dell'affidamento (Corte cost. n. 525/2000, n. 39/1993, n. 424/1993, n. 155/1990 e n. 349/1985) e la coerenza e la certezza dell'ordinamento giuridico (Corte cost. n. 6/1994, n. 429/1993 e n. 822/1988). Tali condizioni non sembrano rispettate nel caso in esame. Non e' innanzitutto giustificata - con conseguente violazione dei parametri della ragionevolezza e dell'uguaglianza ex art. 3 Cost. - la disparita' di trattamento tra soggetti che in base alla norma precedente godevano, uniformemente (orientamento costante Cassazione), del trattamento favorevole e soggetti che, nella stessa situazione di fatto, sono destinati, in base alla nuova norma, ad un trattamento deteriore. L'irragionevolezza della disparita' e' tanto piu' evidente in ragione del fatto che tutto il contenzioso - sia quello gia' definito alla data di entrata in vigore della legge n. 266 che quello ancora pendente - si riferisce ad una vicenda (trasferimento personale ATA) gia' completamente esaurita. L'effetto retroattivo e peggiorativo della norma in questione rileva, d'altro canto, anche sul piano del legittimo affidamento, con conseguente ulteriore violazione dei parametri della ragionevolezza e dell'uguaglianza ex art. 3 Cost. Quale legge diretta ad incidere su fattispecie sub iudice la nuova norma finisce, infine, per invadere la sfera riservata al potere giudiziario, e la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' va quindi riconosciuta anche quanto al contrasto con gli artt. 101, 102 e 104 della Costituzione. Per le tulle ragioni esposte si ritiene, pertanto, non manifestamente infondata la questione di illegittimita' costituzionale, per contrasto con gli artt. 3, 101, 102 e 104 della Costituzione, del comma 218, dell'art. 1, della legge 23 dicembre 2005 (legge finanziaria 2006, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 29 dicembre 2005).